La RSA si farà, ma dove? E quando?
Qualcosa si muove per quanto riguarda in comparto sanitario locale. Nelle ultime settimane in particolare, dopo mesi di silenzi e mancate risposte, alcune vicende riguardo l’offerta sanitaria locale che si dipanerà da qui a breve (i tempi esatti non sono stati specificati e vista la scadenza elettorale regionale del prossimo anno, ogni informazione va presa con il beneficio del dubbio, o meglio della promessa elettorale) sono state annunciate, anche se non sono mancate le contraddizioni. In ordine di importanza, le due note più importanti riguardano il servizio PAT h24 e la realizzazione della RSA. Questi gli annunci. Cosa c’è di concreto nella realtà dei fatti?
Un rapido riassunto degli annunci (e contraddizioni)
A dare il via alle informazioni è stata la Direttrice Generale della ASL di Latina Silvia Cavalli nella conferenza dei sindaci dello scorso aprile quando spiegò che la Casa della Salute di Sezze sarebbe stata al più potenziata nei servizi già attivi e che in luogo all’UDI oggi attiva, ovvero l’unità di degenza infermieristica, avremmo avuto l’Ospedale di Comunità (la stessa cosa con altro nome).
Niente più PAT h24 niente più servizi di emergenza e urgenza se non quelli legati al 118, niente più nuove strutture perché Il PNRR non le prevede.
Verrà quindi messa in piena funzionalità anche la radiologia con l’arrivo del lettino che permetterà di effettuare anche le lastre che richiedono che il paziente sia sdraiato. Perché il macchinario, imballato e presente in loco da mesi, sia rimasto inattivo tanto tempo quando invece avrebbe potuto funzionare come sta funzionando oggi, ovvero per lastre che richiedono la posizione verticale del paziente, non è dato sapere.
I chiarimenti (schiarimenti) del consigliere regionale Salvatore La Penna
Qualche giorno dopo è stato però il consigliere regionale Salvatore La Penna, a rettificare la Cavalli. Il consigliere, in piena corsa per il bis, ha annunciato che i PAT torneranno ad essere aperti h24, ma senza funzioni di urgenza/emergenza. Il servizio notturno sarà affidato a guardia medica e infermieri. Emergenze e urgenze continueranno ad essere prese in carico dal 118 e il punto di riferimento saranno i Pronto Soccorso. Il più vicino a Sezze è quello di Latina.
Soprattutto La Penna ha ricordato l’imminente impiego (senza specificare data) del finanziamento regionale di 4.500.000 di euro ottenuto dalla ASL per costruire a Sezze una RSA da allocare presumibilmente negli spazi dell’ex ospedale San Carlo, chiuso ormai da anni a seguito del crollo di un solaio e dichiarato inagibile proprio per quel crollo.
È tutto oro quello che luccica?
Il bando per la progettazione dell’opera è roba dei giorni scorsi, con tanto di pubblicazione sul sito della stessa ASL. Ma sarà sufficiente a garantire un iter lineare?
Di RSA a Sezze si sente parlare da decenni. Innanzitutto chiariamo a priori che una RSA non è una Casa di Riposo e tanto meno un Hospice. Si tratta anzi di strutture profondamente differenti. Basta evidenziare che nella RSA vengono allocati pazienti anziani con patologie accertate. I pazienti richiedono assistenza sanitaria continua. Non sono quindi un parcheggio per anziani che nessuno vuole o tanto meno corridoi verso una buona morte.
Da decenni, questo progetto di RSA, sebbene sia parso sempre a due passi dall’essere realizzato, è stato abortito più volte. Pensato inizialmente per recuperare la struttura di via Cappuccini, è stato, in ordine sparso, spostato a Fontana Acque Vive, poi all’ex ospedale e via dicendo senza ripercorrere tutti i passaggi.
RSA presso l’ex San Carlo può essere la formula vincente?
Nell’ipotesi di riutilizzo dell’ex San Carlo, bisognerà tenere conto dello studio di fattibilità redatto dagli uffici tecnici della ASL in seguito al crollo del 2014. In esso vengono riportate situazioni di criticità statica di difficilissima soluzione.
Una RSA, come un ospedale, deve essere un edificio di classe d’uso IV (strategica) quindi un intervento di miglioramento sismico dovrebbe raggiungere un grado di sicurezza pari ad almeno l’80% di un edificio nuovo.
Detto in altre parole, in caso di terremoto o altra calamità, deve rappresentare un punto di riferimento per la catena dei soccorsi e non un punto di criticità ulteriore.
Per rendere quella struttura una struttura di classe d’uso IV, possono bastare i 4,5 milioni finanziati? A questa domanda dovranno rispondere i progettisti e per la quadra dovranno impegnarsi i politici. Ma i dubbi, purtroppo, non finiscono qui.
L’incognita dell’ex chiesa di Sant’Antonio (o San Bartolomeo che si preferisca)
Se le incognite riportate fino a questo punto non bastassero, c’è la questione ulteriore legata all’ormai ex chiesa di San Bartolomeo (o Sant’Antonio che si preferisca). Strutturalmente è ormai irrecuperabile, ma è inserita in maniera indissolubile nel complesso strutturale dell’ex San Carlo, in quanto parte integrante del nucleo dell’ex convento. Su quel nucleo l’ospedale venne edificato nei secoli scorsi.
Ad oggi non è chiara neanche la proprietà di quell’edificio che va completamente crollato e riedificato con conseguente aggravio dei costi. A carico di chi? Del proprietario che in molti hanno indicato nel FEC, ovvero il Fondo Edifici di Culto. Il FEC è un ente dello Stato italiano, fa parte del Ministero dell’Interno ed è dotato di personalità giuridica. È amministrato attraverso la Direzione centrale per l’amministrazione del Fondo Edifici di Culto, organo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’Interno.
L’atto di proprietà del 1880
Il dubbio è d’obbligo perché tra le scartoffie è riemerso un verbale, datato addirittura 05/10/1880, di Cessione e Consegna al Comune di Sezze dell’ex Convento di San Bartolomeo, chiesa compresa, da parte dello stesso Fondo per il Culto.
L’atto redatto dal Notaio Lombardini, con una scrittura quasi illeggibile e senza punteggiatura, è stato trascritto. Al netto di qualche dubbio interpretativo su alcune parole totalmente indecifrabili, attesta inconfutabilmente la proprietà della Chiesa. Anche quella, come l’ex convento, è del Comune che dovrebbe dunque caricarsi, ovviamente tramite finanziamento, anche di queste spese di rifacimento.
Un altro atto, decisamente più recente, del 17/03/1966, attesta inconfutabilmente che l’Ente setino è in possesso di questo atto di proprietà grazie ad una richiesta inoltrata dall’allora responsabile dell’ufficio tecnico, geometra Piero Abbenda.
A meno che non siano intervenuti atti successivi, finora sconosciuti, a ribaltare la vicenda, risulta chiaramente che la chiesa di San Bartolomeo annessa all’ex ospedale è di proprietà comunale; pertanto verrebbe a cadere l’alibi che non è possibile intervenire per mancanza di titolo. Ovviamente aumenterebbero i costi.
Alla luce di ciò appare anche strano che il Ministero per le Infrastrutture nel 2018 abbia finanziato il FEC come attestato da verbale di gara del 21/11/2018 per l’affidamento dei lavori. Lavori che poi, non sono più partiti.
Ai posteri l’ardua sentenza.
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Luca Morazzano
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