Storie setine/ La magia di via Cavallotti 61 e i gechi

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Non so mica da dove vengono i folletti, anche perché nei miei boschi non c’erano gnomi e folletti come al nord, ma terribili uomini neri. Ma credo che qualche essere dei boschi io l’abbia incontrato. In realtà me lo ha ricordato un amico, a sua volta ritrovato. Veniva ogni sabato mattina e stendeva per terra sulla strada una tela cerata e sopra ci metteva i giocattoli da “vedere” ai bambini. Venne finché io ricordo quel mercato davanti casa, via Cesare Cavallotti (poi i fascisti cambiarono nome in via Guglielmo Marconi, Cavallotti era troppo libero), ma i miei non cambiarono mai il nome originale. Non per contrasto al regime, ma per conservatorismo antico e un po’ perché Cavallotti era così libero da esser degno d’amore. L’omino veniva che noi non c’eravamo, poi col caldo uscivamo come fanno i gechi de chissà quale mistero nel buco. Lo chiamavamo “il vecchietto”, baffi bianche e capigliatura uguale. Mai alzato la voce, verso le due quando andava via dava a noi “gechi” di quel palazzo i giocattoli rotti, i soldatini feriti. Un soldato giapponese orgogliosissimo ma senza una gamba, l’ho ritrovato un po’ di tempo fa ed era ancora con la spada pronto a colpire e lo sguardo duro. Il vecchietto non penso avesse voce, almeno io non la ricordo, ricordo che era basso, piccolo. I bambini si fermavano davanti la sua cerata sempre con la bocca aperta. I suoi soldatini erano perfetti, cattivi e buoni che noi non gli facevamo fare la guerra ma costruire città. Ma mica perché eravamo per la pace, ma per sentirci grandi e rifare quel che facevano i nostri papà. Mi comperati i soldatini nordisti, blu che brillava, e sudisti, grigi e male in arnese. Del west e dell’America sapevano tutto, ma non so perché litigavamo per avere i sudisti che pure avevano perso. Il vecchietto veniva e ogni settimana quel luna park di giocattoli ingenui era diverso e non ci stancava, per questo credo fosse uno spirito di qualche bosco. Io non l’ho mai detto, i miei colleghi gechi, del palazzo mi avrebbero preso per matto, ma credo che quel vecchietto veniva da noi quando era libero di un certo lavoro gravoso a Natale. Credo che ci regalasse quei giocattoli perché sapeva che il palazzo nostro veniva spesso (o sempre?) saltato dalla distribuzione di Natale. Forse il vecchietto capiva che quei gechi erano anche loro figli di qualche stesso Dio di quelli dei palazzi vicini.
Non l’ho mai visto arrivare né mai partire il vecchietto, il sabato era lì come se anche lui come noi gechi vivesse in quel palazzo di via Cavallotti civico 61. Forse stava nella stretta, dietro il muro a secco, o stava nel portone dietro qualche muro. Il vecchietto un sabato non venne, poi neanche il successivo. Chissà, penso che sentiva che eravamo grandi, anzi mi piace sentirlo così. Forse è solo andato per età, sta di fatto che non l’ho mai visto arrivare né mai partire, sta di fatto che ci regalava non soldatini ma eroi mutilati dall’ardire. Sta di fatto che noi, i gechi del palazzo di via Cavallotti uno spirito dei boschi lo abbiamo conosciuto…
Non mi prendete per pazzo ma queste cose capitavano in via Felice Cavallotti 61 a Sezze che poi i fascisti chiamarono via Marconi

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