Dalla canapa alla lavanda, la campagna setina stupisce
Le storie sono come le ciliegie, una tira l’altra e vengono in fila come 44 gatti in fila per sei con il resto di due. Mentre tutto piangiamo una Sezze che si fa bruta, lei si profuma (per questo si fa amare)
Ho scoperto, confesso non lo sapevo, che agli archi di San Lidano si coltiva lavanda, e ne ho scritto. Da cosa nasce cosa e il percorso setino delle coltivazioni un poco ci descrive, a Cori sono un poco sopra le righe per via del fatto che essiccavano il tabacco in soffitta. Loro, i coresi, ci dormivano sotto e si sono appropriati di intelligenze “artificiali” che li hanno resi geniali.
Da noi, sì anche qui, si coltivava tabacco, ma non solo papà mi ricordava e mi parlava della canapa, quando noi la conoscevano per illuderci di essere in India invece stavamo alla Foresta. Loro la canapa la usavano per fare tessuti, corde e nessuna illusione, Meglio la vite, meglio il vino d’Accrocca (vino generico che prende il nome del commerciate corese che lo portava, tra l’altro il padre dell’attuale arcivescovo di Benevento, Felice Accrocca, anche lui genio).
Ma questa piana che ama i carciofi che ne sono i signori (anche grazie al genio degli ebrei che ne hanno fatto la spina dorsale della cucina romana) ha sperimentato tante cose, sopravvivendo a se stessa e segnando il tempo, anzi creandolo.
Oggi è tempo di profumo, ieri di corde per lavorare, di tabacco per sentirsi uomini, oggi ci siamo puliti, ci siamo profumati, abbiamo riscoperto che i campi ci possono dare quello che ci hanno sempre dato: il futuro.
Dalle corde al profumo.

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