Siamo diventati ciechi
Secondi me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono
Josè Saramago
Non ci fu bisogno. Il bisogno è un sogno ripetuto, solo quello. Ma io mi fermai prima, al sogno. Non quello che popola il dormire, ma quello discreto del sentire. Occhi che guardavano in ogni lato, scrutavano, cercavano di rassicurarsi, ma temevano: avevano un tema.
Ciascuno di noi ha un tema, un dolore, un fragore, un pianto ma di questo mare di cose talune e solo quelle diventano fisse come certe stelle.
Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si era visto in estate, vedere di giorno quel che si era visto di notte
Jose Saramago
Cangiante vita nelle sue stelle fisse. Era nel corso di 1000 fioriture che pareva che un solo fiore assomigliasse a quella presenza. Ho letto quadri di madonne in chiese, di pietà, di via Crucis. Lì, per lì, non capivo, ma loro continuavano la lezione. Avrei detto “non capisco”, ma sono vivo cosa mi dite di queste cose morte, parlate di foglie in autunno ed io sto in primavera. Poi… passarono gli anni, le ore, i minuti, vennero affollati desideri, delusioni forti come scudisciate ma anche baci inaspettati, taluni attesi, taluni incontrati poi andati, forse non ritornati ma indelebili.
Ogni volta c’era un segno, un dipinto, una statua, una memoria che stava in quella stanza degli insegnamenti piena di cose, libro di tanti libri.
L’angelo, ho capito poi, era venuto a dirmi le ragioni per cui mi chiedeva di salutare quel demone suo fratello, entrambi figli del creato. Chi stabilisce le lunghezze in questo mondo, io non ho il minutaggio del tempo, ma ho parlato con l’angelo, tutto d’intorno non c’era nessuno e le cose da dire erano mille.
Pareva piangesse, dopo poco il sorriso, gli dico “non ho capito” ed era lo specchio del mio dolore in altri dolori. Fratelli tutti e compresi l’ambasciata, voleva dire che dicessi a me delle mie presunzioni che dovevo ascoltare l’intorno.
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