Lo chiamavano Gattino, auguri papà
Oggi è 8 agosto. Mi ricordo puntualmente a sera di che tempo è. Un tempo molto mio, molto che a sera mi diventa importante, stringente. Qualcuno dei miei amici dice che sono drogato di scrivere come quando ero ragazzo era di altro. Non so se hanno ragione ma a me a questa ora di ogni 8 agosto viene questo ricordo e il bisogno di ricordarlo. L’8 marzo del 1931 nasceva mio padre, Antonio, ma per tutti Gattino. Era a suo modo uno che sapeva farsi voler bene, odiava gli illusi e quelli che puntano alla carriera. Era di quelli che pensavano che fosse giusto il giusto e odiava i preti poi salutava con un cenno di testa ogni madonnina nelle edicole che stavano per strada e in Chiesa le rare volte per morte o vita ci sono capitato accanto vedevo che le labbra si muovevano e uscivano parole in latino. Urlava ai preti “se non sarà quest’anno sarà il prossimo anno anche i preti lavoreranno” . Non ha visto quell’ anno ma ha sofferto per un figlio che ha fatto studiare e che amava Nenni più che la rivoluzione e una figlia guardia che era un’onta. Ma poi, solo poi, abbiamo scoperto, io e mia sorella, che in fondo ci amava nonostante noi. Non era uno che teneva banco, ma non faceva banco. Uno generoso, orgoglioso, fino a nascondere il male per non dipendere da pieta’. Lo ricordo quando tornava a notte tarda e il padre mio nonno Lidano, lo aspettava sveglio e dalla finestra “ma mo radduci, i sarischi omo tu…”. Mio padre mi vide uomo fatto seduto al bar una mattina tardi, li per li non mi disse niente, poi quando mi rincontro’ ando’ diretto: i tu sarischi omo agli bar quando se teta fadia.
Non so dirvi ma questa mi parve una investitura, un testimone e mi sentii destinato ad esser solo. Come lui lo era. Oggi è 8 agosto, nulla di che, solo un mio ricordo. Mio padre non era un eroe, non era meglio di nessuno ma era uomo e questo mi par tanto, tutto. Antonio Grassucci lo chiamavano Gattino.
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