Ora pro Nobis, viaggio esoterico al vespro
Era un rito sul far della sera quando l’ aria fredda. Vespero si fa vedere in cielo e il rito è della notte che verrà. Al vespertino si andava in Chiesa e a me portavano per via che io mio guardiano alla vita, nonna mia, non poteva non chiedere al Dio della notte di farle incontrare il giorno, finché si può.
Salivo una scala e prima della funzione c’era la preghiera, lunga segnata da corona con grani neri. Pregavano come un bisbiglio, di tanto in tanto una voce chiara che mutava richiamava la preghiera. Ora pro Nobis.
Prega per noi che siamo peccatori. Puzza di incenso, puzza di umana paura, profumo di improbabile speranza. Le donne preganti si muovevano un poco, un inchino lieve ripetuto, ossessivo. Mi attaccavo alla mantella di lana di nonna e un poco avevo paura. Sotto nella Chiesa il bisbiglio cresceva, saliva e dal cielo tornava giù una Grazia che forse non c’era. Che paura faceva questo mistero, Sant’ Antonio guardava rassicurante, le Sante erano partite già come le presente. Noi bimbi eravamo testimoni a Futura memoria del miracolo di fare prima del vespertino di queste donne delle donne nella Grazia di Dio, di farle fattrici non di uomini, di donne, ma di ogni vita e di ogni cosa oltre la vita. Sufi che girando volavano, donne possedute dal benigno. Senza sacerdote che veniva dopo, vestali di riti che non sapeva San Paolo e la sua greca filosofia, Sant’ Agostino e i suoi umani dubbi. Poi sarebbero arrivate martiri, streghe, sante mistiche, angeli dallo Stargate del creato da questo straordinario.
Nonna, nonna … Ciascuno di noi “richiamava” la sua madre di madre che ora era oltre nel mondo che non si vedeva. Bisbigliava, l’ orante richiamava il mondo che c’era e tornavano qui, una mano sulla testa e non avevano paura più. Fuori anneriva il cielo, i gatti cercavano l” angolo caldo per passare il tempo prima della caccia, le galline si chiudevano dietro reti che erano fatica delle volpi e il cane sperava di avere un posto davanti al camino.
Così ho imparato a vivere di fede e simboli e dei mondi che non sono mai uno.
Poi il rito, la messa e si tornava a sperare che la notte sarebbe passata e il sole avrebbe riportato una luce che non era scontata
Che paura imparare la speranza: ora pro nobis

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