Impressioni di Sanremo: quando sarai piccola

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Quando sarai piccola mi insegnerai davvero chi sono, 
A capire che tuo figlio è diventato un uomo. 
Quando ti prenderò in braccio 
E sembrerai leggera come una bambina sopra un’altalena

Quando sarai piccola, Simone Cristicchi

 

Una canzone che parla di una madre che non riconosce il figlio, la sua vita e ne vive un’altra di istanti già dimenticati.

Facile direte far presa sul sentimento, sulla madre… forse è così ma sentendo questi versi a Sanremo, è una canzone del festival, non ho pensato a commercio, a inchieste di mercato ma mi sono ricordato e forse questa canzone vale a ciascuno per il suo ricordo.

Io vi dico il mio. Mio padre era uomo forte, uno di quelli che la vita aveva fatto tosto e alzava quintali senza ferire, che non si stancava mai, che il lavoro era lavoro e quando c’era da ridere andava bene ma era un altro tempo.

Forte per me bambino, grosso per me piccino. Ma non lo sapevo che mentre io crescevo lui si faceva “piccolo”. Una sera d’improvviso lui si arrabbia con me per una questione di mia sorella, si arrabbia tanto e io non lo volevo stare a sentire. Lui aveva il senso di una preoccupazione, io non mi sentivo la soluzione e mi giro di scatto, me lo trovo presso di me e con le mani lo spingo.

Pensavo al padre forte che era, pensavo a lui che non si stanca mai e mi sentivo ancora bimbo davanti a lui. Invece? Lo spingo e penso di sentire la sua forza di “cercia” (quercia), il suo stato solido di calcare delle mie montagne. Invece era un fuscello la spinta lo sollevò come fa il vento alle foglie. Gli occhi suoi, gli occhi miei si stupiscono: lui era diventato piccolo, io ero diventato un uomo.

Piccolo che gli venne da piangere che prima aveva capito lui, io di conseguenza. Si era fatto piccolo mio padre.

La canzone parla di un’altra malattia ma è vero che c’è un “quando sarai piccola”. Che freddo quella sera, il suo volo si fermò sulla porta e lui decise di non riparare più la “ferita” del legno leggero, di non curare lo strappo. Non mi parlò per qualche tempo, seduto al tavolino con la sigaretta e il silenzio. Non era arrabbiato con me, era consapevole di sé. Poi un giorno io perdetti mia madre, lui la donna che gli era apparsa così bella da stupire anche una stella e dormimmo nello stesso letto sfiniti dalla sua partenza improvvisa e dura come il calcare cotto dal sole. Un uomo grosso e un bambino, solo che l’uomo ero io e quante volte in quel letto i ruoli erano diversi e in mezzo c’era un trenino.

Lo so bene che direte: ma sono cose tue, vero. Solo che ho capito la canzone: quando sarai piccola . Sono felice di aver potuto sentirlo così, e questo di madre mi è mancato.

Ehi, non volevo farvi triste perché l’altro giorno allo specchio ho visto gli occhi miei come suoi e mi sto facendo piccolo.

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