I greci

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I greci si sentivano superbi, i barbari erano gli altri che di superbia non eran degni.
Il mondo cercava di capirsi e loro pensavano al pensiero di pensare e fecero filosofia. Ma dovevano stare al mondo e si ingegnarono di platonici mondi in armonia, di democrazie che facevano del popolo un re e dei re popolo.
Esisteva l’ idea che sapienza era sapere e chi sapeva divinava il domani che non c’era. Eppure fu per una donna, Elena (capita spesso ma di Elena una c’è, c’è stata e ci sarà nel principio e fine di vivere), che si fece una gran guerra e poi un lungo viaggio e perirono eroi, si smarrirono nel mare tra le terre navigatori contadini che seguivano le coste ma il fato li portò in alto mare, con onda che pareva un gigante. Eppure ostinatamente cercarono di imparare dal nuovo che era tale solo perché oltre greco
Dico questo di questa gente che perse tempo a capire il tempo e invento dee che sapevano amare, odiare, divinare ma che poi invidiavamo il non eterno vivere dei mortali che faceva eterno l’ incontro incontrato e coltivato. Dei, semidei, eroi al di là del mare per Elena.
Ordunque che strani questi uomini che parlavano per paradossi e capirono che la bellezza batte ogni bassezza e la perfezione è una proporzione come Fidia delle statue, come Leonida alla dignità, Socrate al sapere.
Venere, stella del mattino e stella della sera in mezzo il suo pensiero come luna che fa alta e bassa marea
I greci intuiscono ogni cosa che verrà ma si fermano a pensarla lasciando al futuro l’incognita della realtà.
Così vissi da greco la curiosità breve da condividere e mi ricordai della mia gente che divinava sui sogni, che leggeva la luna per piantare i broccoli, che pensava che la marea fosse un onda e invece era il bacio di quella luna al mare.
Così tornai greco e era diverso da ogni ragione ma ordine di quel disordine che chiamano caos e che è l’ origine del mondo.

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