Ferragosto, la pagnotella e il Salvator mundi
Non credo di aver mangiato cosa più buona, a mia memoria. Anzi, ora che sono vecchio, la mia memoria esalta quel ricordo. Erano qualcosa di così buono che capivi la grandezza del Signore. Naturalmente me le preparava nonna, profumava di limone, la pasta era morbidissima e la crosta brillava. Un diamante, ma di bontà. Poi a me interessava poco la verità era un gesto d’amore assoluto perchè lei le faceva per me, poi le comperava per me. Insomma mi sentivo come fossi un principe ma non del mondo ma di un affetto, un amore incredibile.
Naturalmente mi spiegò il perchè del “salvatore”, una dedica a chi era venuto a salvare il mondo dai mali del mondo. Poi studiando laicamente compresi che il dono era il grano nuovo, la farina nuova, e l’inizio di un “nuovo anno” che il grano abbondante avrebbe reso salvo per gli affamati.
Cesare Castaldi mi ha mandato gli auguri di Ferragosto con la tavola del Salvator Mundi di Giovanni da Gaeta che sta nella cattedrale di Santa Maria a Sezze è del 1472.
Una tela su chi ha portato qui la salvezza, il grano, la pagnottella e mille ragioni che si intrecciano in una fede che da noi è speranza. Quella pagnotella papà mi insegno a immergerla nel latte freddo. Dentro la tazza faceva le bolle, poi in bocca era come bere. Divina, una cosa di Dio, per questo credo che al Salvatore noi abbiamo dedicato un dolce. E’ Ferragosto da noi facciamo così: ricordiamo la salvezza, rendiamo oro il grano nuovo e speriamo.
La pagnotella era buonissima appena fatta, ma non vi dico dopo un poco. Qualcosa che rasenta il piacere puro e una educazione la piacere. La crosta alla luce brillava, era un gioiello di bontà.
A me però di tante cose ne ricorda una per prima, l’amore di mia nonna, l’amore di nonne che erano madri due volte e conservavano la salvezza del mondo che è il tramandare bellezza e non odio.
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