Il setino piacere dell’accompagno
Quando andai via da Sezze mi portarono in via Congiunte che è il proseguo della Migliara 41 e mezzo che è la strada oltre l’Appia verso Latina degli archi di San Lidano, dopo Villafranca.
Quindi? I miei amici “abbandonati” a Sezze trovavano da me una “stazione di posta” dove fermarsi e, se soli, trovare l’accompagno. L’accompagno è il bisogno tutto setino di non andare solo per il mondo ma sempre accompagnato da uno di noi, da un paesano, da un amico. Sempre. Perché il mondo passato il Brivolco è pieno di rane, zanzare, aria fetida, di turchi alla marina, di astutissimi romani, di infingardi greci. Insomma di malaria.
Passavano con i mezzi che avevano e avevamo e andavamo per il mondo, ma non soli. Andavamo a cercare cose audaci, ma accompagnati. Il tutto si riduceva nella scoperta dell’ovvio, ma per noi anche quello era esotico, L’accompagno è una dose di coraggio a chi veniva da un mondo dove nulla era come era e solo la misericordia, la umana considerazione di faceva forti.
Mia madre, cispadana, non capiva e mi accusava di andare sempre con tutti e, per questo, di non stare mai a casa. Ma l’accompagnatore non può sottrarsi all’accompagno come chi si fa accompagnare non può rassegnarsi alla solitudine. In due, almeno, si fa una bolla rispetto al mondo e così siamo andati, sempre almeno in due, a fare rivoluzioni fallite, a visitare i papi, a contrastare la prosopopea di quelli di Latina che ogni volta ci chiedevano se a Sezze faceva freddo. Poi andammo per il mondo a vedere se… ma sempre accompagnati, sempre nella nostra bolla che faceva di Sezze semplicemente non il luogo geografico ma il luogo dove stavamo noi. Per avere accompagno a volte si facevano giri strani Enzo mi passava a prendere per andare a Carpineto in Vespa 150, e non ero proprio di strada.
La nostalgia? Ma no, eravamo almeno in due per ogni cosa come quando Sergio scopri al bar degli artisti che col Campari ci mettevano gli stuzzinichini “A SEzze manco i limono”. Rubavamo il mondo con gli occhi. Andammo in due anche allo zoo e Sergio guardando l’orango si fece persuaso che pensasse ed il dallo sguardo di quel “cristiano” in gabbia con la sua malinconia non posso ancora oggi dargli torto.
Poi ci allargammo a cercare di vedere il colore degli occhi delle ragazze che non ci guardavano ma, essendo in due almeno, ci consolavamo perchè condivivamo le sconfitte e non abbiamo vinto mai.
Ora siamo vecchi signori e l’accompagno non si usa più, ma così noi abbiamo diviso, e condiviso, la lezione che il mondo ci ha impartito.
Addo iamo? A facci n’agiro. E se n’è tunno che sia squadro, ma ci iamo n’seme.
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