Super con filtro e sax, la mia partita delle sigarette

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Questa è la storia di un pacchetto di sigarette. Sì, una banale storia di Super con il filtro. Pacchetto rosso con la scritta Super e il bollino dei monopoli di Stato. Nulla di che. Io non ho mai fumato le sigarette, quindi è un ricordo lato, esterno a me. Le fumava mio padre che se ne faceva vanto di modernità rispetto a nonno che fumava le Sax.
Le sigarette, allora, erano per la vita anche se io ho iniziato a conoscere il tabacco non da quelle ma dal “Trinciato forte” delle sigarette fatte da se medesimo di mio nonno, ancor prima delle Sax
Ogni uomo allora puzzava di tabacco e di veleno, la pelle era mangiata dal fumo vicina al tatto che veniva dallo stoccafisso.

Mio padre Antonio ne fumava due pacchetti al giorno, nonno poco di meno, ma se non fumavi non eri uomo. Mi mandavano dal tabaccaio a comperare questo veleno che per loro, invece, era dire che si era uomini per davvero tanto da tenere sempre accesa la brace e dominare il fuoco. Braciere sempre acceso come nei tempi pagani, come ad Olimpia per i giochi.
“Super con filtro” chiesi al tabaccaio e neanche arrivavo al bancone. Il tabaccaio si affaccio e non trovò in me la faccia di un fumatore ma capì che ero in missione per “conto di…” Papà. Non fece una piega, mi diede il pacchetto e si prese i soldi contati.
Missione compiuta, ero grande.

Ci andai altre volte, per nonno talvolta ma indeciso tra Sax e trinciato forte, non sapevo che con quel gesto accorciavo la vita di mio padre a sua saputa e il dolore di mio nonno a sua consapevolezza. Ma per farsi grandi bisogna rischiare di restare soli e non mi resta che il ricordo di un pacchetto di sigarette rosso che comperai senza neanche arrivare al bancone.

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